Genitori imperfetti, un punto di vista scomodo e come farlo emergere. Dar voce ai genitori, un compito, una possibilità.
La nostra cronaca, i dibattiti, gli esperti ci parlano sempre più spesso di genitori incapaci di svolgere il loro ruolo, colpevoli delle mancanze dei figli, della loro maleducazione e irresponsabilità. Cosa pensiamo noi dei genitori?
Li conosciamo abbastanza? Sappiamo ascoltarli? E noi stessi che genitori siamo stati? Ci siamo sentiti soli nei nostri compiti educativi o supportati da una comunità, da amici, dalle istituzioni?
I genitori sono i primi responsabili dell’educazione e socializzazione dei figli, ma non agiscono mai da soli ma in un contesto storico, sociale, geografico peculiare. Il contesto è profondamente mutato a causa delle tecnologie che entrano nelle nostre case e ne allargano le mura portando in nostri figli in contatto con modelli non sempre adatti alla loro età e alla loro maturità in formazione. I genitori hanno il compito di filtrare, proteggere ma anche educare alla responsabilità anche quando il resto della società è cinica individualista e disillusa. Non è possibile separare nettamente i contesti e le responsabilità, idealizzare alcuni luoghi immuni, ma al contrario è opportuno comprendere e supportare gli individui per evitare marginalizzazioni, esclusioni, stigmatizzazioni.
Abbiamo voluto ascoltare per questo nostro breve articolo una psicoterapeuta già attiva nella ASL di Altamura: Gabriella Ciampolillo, la sua testimonianza ci ha consentito di focalizzare i punti nodali della questione. La sua esperienza come operatrice del consultorio le ha consentito di misurarsi con le grandi difficoltà che i genitori devono affrontare in cui questioni sociali, culturali e economiche si intrecciano. Qual è il sistema di supporto alla genitorialità? I genitori talvolta temono che rivolgersi ai servizi rivelando le proprie fragilità possa comportare la perdita di custodia dei minori, questo apre uno spazio potenziale che potrebbe essere coperto dalle associazioni in modo più neutro. Quali sono gli spazi disponibili per la formazione di una genitorialità consapevole? Il coinvolgimento delle persone è essenziale perché non avvertano l’intervento come calato dall’alto, costruire e promuovere spazi di sensibilizzazione non frontale, ma creare cerchi di discussione con tecniche di facilitazione dei gruppi. Per lavorare con i gruppi il percorso deve essere di co-costruzione.
Alcune azioni hanno una funzione iatrogena, creano patologie, si focalizzano sulle mancanze e questo mette in difficoltà le persone. A volte si riproducono stereotipi di genere e non si supportano abbastanza le donne di cui talvolta si sottolinea la corresponsabilità in casi di maltrattamento o violenza estrema. Rispetto ai metodi ci consiglia l’approccio di Arnold Mindell e degli Open Forum: discussioni facilitate per temi che sono state utilizzate anche in territori di conflitto. Gli esperti erano chiamati dalle municipalità per risolvere problemi complessi. Dietro i forum c’è un lavoro preliminare di conoscenza delle istituzioni, degli stakeholders e del territorio che prepara e facilita il processo. La sfida proposta dalla nostra intervistata ci sembra un importante punto di partenza per la costituzione di una comunità educante in grado di ascoltare, facilitare accogliere e supportare tutti gli attori del processo educativo a partire dai tanto bistrattati genitori, per questo le nostre parole intendono essere una chiamata a ciascuno per intraprendere il lavoro comune.
Abbiamo ascoltato una mamma di due ragazzi di 11 e 13 anni: Stefania Maria Riccardi che ci ha fornito il suo punto di vista sull’estate altamurana. La sua analisi si è concentrata su come i ragazzi spendono il loro tempo in estate, pensando soprattutto a quelle famiglie che non possono permettersi una vacanza fuori. Nella città vengono evidenziate situazioni critiche ma anche possibilità e potenzialità. La fruizione dei parchi cittadini avviene sempre con l’accompagnamento dei genitori. I ragazzi tendono a restare in casa connessi ai loro computer e non escono nemmeno per compere o per giocare a pallone in autonomia, o per fare passeggiate di giorno. La socialità è spesso legata all’iscrizione a società sportive e al consumo, ci si vede per mangiare insieme, andare in un pub o paninoteche all’aperto. Sarebbe auspicabile una maggiore indipendenza dei ragazzi nel muoversi a piedi o in bicicletta utilizzando di più le piste ciclabili. I parchi spesso sono utilizzati da ragazzi più grandi che fumano spinelli e talvolta sono pieni di bottiglie di birra abbandonate, sarebbe auspicabile un maggiore senso civico da parte dei fruitori. Ci sono stati anche episodi di ragazzi rapinati da ragazzi più grandi. L’intervistata ha iscritto i suoi ragazzi a gruppi scout o associazioni di trekking, ciò consente ai ragazzi un impegno per la preparazione del campo estivo. Naturalmente sarebbero auspicabili attività rivolte a tutta la città anche per conoscere i diversi quartieri e opportunità presenti o organizzare giornate ecologiche con il coinvolgimento di tutta la cittadinanza. Anche in questo caso l’attivazione dei bambini e ragazzi appare l’antidoto alla chiusura nelle proprie stanze e nell’universo virtuale. Le zone per i ragazzi andrebbero più curate per renderle attrattive e il lavoro comune dovrebbe puntare a creare una città a misura di bambino.
Francesca Ursula Bitetto
Questo articolo è stato pubblicato su Cometa #1